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La coda del diavolo (…o la pagliuzza nell’occhio altrui)

Febbraio 18, 2021

Il Concilio Vaticano II (che dopo più di 50 anni dovremmo aver fatto nostro a oltranza), al ricordarci che tutti i fedeli (non solo i sacerdoti e i religiosi o le religiose…) siamo chiamati alla santità (cfr. Lumen Gentium, 11/3, 32/3, 39-42), definisce questa come “la perfezione della carità” (cfr. LG 39, 40/2). Che precisa e buona definizione! Infatti, “ciò che è buono, se è breve, è due volte buono”, dice il proverbio, e lo possiamo benissimo applicare qui. E questa perfezione nella carità deve inondare tutti gli strati della nostra vita, compresa la nostra lingua! Ed è questo l’aspetto che voglio trattare qui.

Non molto tempo fa ho ascoltato la testimonianza di un ex-satanista che si era convertito (grazie alla mediazione di una “medaglia miracolosa” della Madonna!; infatti, che cosa non può ottenere la Madre di Dio?). In tale testimonianza, quel ex-satanista spiegava che, oltre a promuovere con tutti i mezzi l’aborto, una delle sue principali attività come strumento del maligno era quella di distruggere comunità cristiane. Per fare questo -spiegava-, i satanisti utilizzano soprattutto tre mezzi: primo, promuovere scandali morali (meglio se implicano l’abuso su minorenni); secondo, provocare scandali d’indole economica; e, terzo (…infallibile), se uno di questi due primi mezzi fallisce, ricorrere alle “mormorazioni”: provocare commenti negativi e fare in modo che tali mormorazioni in seno alla comunità cristiana finiscano per disfarla. Da qui il titolo di questo articolo: la mormorazione è uno degli strumenti con cui il diavolo distrugge una comunità.

Quante volte Papa Francesco ha insistito su questo! Un esempio: “Non sta bene (..) andare a fare chiacchiere. «Hai sentito...? hai sentito…?». Ma è un inferno quella comunità! Questo non fa bene. (...) Se io ho qualcosa con una sorella o con un fratello, glielo dico in faccia, o lo dico a quello o a quella che può aiutare, ma non lo dico agli altri per «sporcarlo». E le chiacchiere..., è terribile! Dietro le chiacchiere, sotto le chiacchiere, ci sono le invidie, le gelosie, le ambizioni. Pensate a questo. Una volta ho sentito di una persona consacrata, una suora, che, dopo gli esercizi spirituali (...), aveva promesso al Signore di non parlare mai male di un’altra. Questa è una bella strada verso la santità! Non parlare male di altri. «Ma, Padre, ci sono problemi…». Dillo al superiore, dillo alla superiora, dillo al vescovo, che può rimediare. Non dirlo a quello che non può aiutare. Questo è importante: fraternità!  Ma dimmi, tu parleresti male di tua mamma, di tuo papà, dei tuoi fratelli? Mai. E perché lo fai nella vita consacrata, nel seminario, nella vita presbiterale?” (Discorso ai seminaristi, ai novizi e alle novizie in occasione dell’Anno della Fede. Roma, Aula Paolo VI, 6 luglio 2013).

Papa Francesco ha fatto anche un altro esempio, ricordando un significativo episodio della vita di San Filippo Neri: “Una donna è andata a confessarsi e si è confessata di aver sparlato». (...) Il santo (...) le ha detto: “Signora, come penitenza, prima di darle l’assoluzione, vada a casa sua, prenda una gallina, la spiumi e poi vada per il quartiere e semini il quartiere con le piume della gallina, e poi torni”». Il giorno dopo, (...) è tornata la signora: «Ho fatto quello che mi ha detto, Padre. Mi dà l’assoluzione?». Eloquente la risposta di san Filippo Neri: «No, manca un’altra cosa, signora. Vada per il quartiere e raccolga tutte le piume». Perché «lo sparlare è così: è sporcare l’altro». Difatti, quello che sparla, sporca, distrugge la fama, distrugge la vita...” (Meditazione mattutina nella Cappella della Casa di Santa Marta, giovedì 12 maggio 2016).

Provaci tu, dopo, a cercare di “raccogliere tutte le piume” per riparare il danno che hai provocato! La mormorazione è così! È una “rapina” della buona fama del prossimo, buona fama quasi impossibile da restituire.

Moralmente, potremmo dire che solo una “categoría” di persone è autorizzata a emettere giudizi sugli altri: quella costituita da coloro che hanno la responsabilità di guidare una comunità (cioè, per esempio: il Papa, rispetto alla Chiesa; il vescovo, rispetto alle anime che conformano la porzione del Popolo di Dio che gli è stata affidata; il parroco, rispetto ai suoi fedeli; il superiore di una comunità, rispetto ai membri di questa; i genitori, rispetto ai loro figli…).

E ciò, non per una specie di “concessione”, como se si dicesse: “Poveretti! Hanno addosso un peso talmente grande che permettiamo loro uno sfogo!”. No, non è un’autorizzazione per incorrere in questo particolare (gravissimo) peccato, ma è qualcosa che forma parte della loro responsabilità di guidare quelle persone verso la propria maturità, dovendo per questo saper analizzare i loro lati negativi, ma solo per trovare una soluzione e così correggerli e cercare il loro bene; no per distruggerle, benì per aiutarle. E qui non trova posto la “santa” scusa di quello che denominiamo “critica costruttiva”; perdonatemi, ma ciò non esiste (o esiste molto raramente), per cui è meglio non rischiare esponendosi a peccare contro la carità.

Ma, allora, quando posso parlare male di qualcuno? Semplice: MAI E POI MAI! E, se non si vuole cadere in questo brutto vizio, bisogna evitare di mettersi “nell’occasione” al consentire che nei nostri pensieri s’intrufoli un giudizio negativo contro qualcuno. Carità dal più profondo dell’animo, perché tutto incomincia nel cuore! Una sola persona ci è permesso di giudicare e criticare (…potendo essere giudici implacabili con essa): noi stessi!

Don Felipe (che Dio l’abbia con sé nella gloria), il sacerdote che è stato mio direttore spirituale, e direttore spirituale dei nostri seminaristi MSPTM nel nostro seminario di Ajofrín durante molti anni (finché morì), aveva un’eccellente frase: “Se vuoi essere santo e felice, come dici, non «analizzare»!”. Precisamente questo! Se vogliamo essere santi e conservare la pace e la gioia nel nostro cuore e intorno a noi (e non essere strumenti del maligno), il nostro parlare sia sempre costruttivo e positivo.